Open To The Sea – Tales From An Underground River

Open To The Sea… un viaggio, un incontro e molto altro. Si parte dal 2017 con il primo approccio di Matteo Uggeri e di Enrico Coniglio che, non paghi, nel 2019 iniziano di nuovo a spedirsi materiale, due lunghe tracce dal secondo al primo. Matteo coinvolge i soliti noti e li guida, ricamando, sottraendo ed aggiungendo. Un anno più tardi i due ci rimettono mano e si fa breccia in loro l’immagine di un fiume sotterraneo, chiosato nella primavera successiva dalla primogenita di Uggeri che, in un brainstorming con la sorellina e la madre, titola i brani cercando di creare una poesia con le parole utilizzate nei titoli. Come ultimo elemento l’aggiunta di un nuovo musicista, Saverio Rosi, che va a comporre come trio l’attuale progetto di Open to the Sea.
La musica di questo secondo disco amplia, se possibile, ancor più lo spettro del debutto. Sono partiture neoclassiche colorate, psichedeliche e morbide, che vanno a trascinare letteralmente gli ascoltatori in viaggi e miraggi. La coesione fra i musicisti è mirabile, il tutto sembra realmente suonare come un ensemble per il quale cercare fratellanze nelle migliori situazioni d’oltreoceano (Constellation ed International Anthem) non sembra un’eresia. Libertà, spirito curioso, trasformazione e virate durante un percorso immaginifico. Poco aiuto in questo caso ce lo dà il ragionare in generi musicali: una buona abitudine per me è valutare come gli stessi autori si definiscano via Bandcamp e, in questo caso: 12k, 4ad, Fluid Radio e Rer sono scenari produttivi stratificati, acoustic, experimental, italian prog, jazz, new wave, painting, progressive, violin dicono molto ma faticano a dare un margine a quello che, volume dopo volume, sembra essere un progetto delineato ed inserito in un contesto quasi incantato. Un brano dopo l’altro, guidati dal violino, dalla tromba, dalla chitarra, dalle sparute voci, seguiamo il fiume in un viaggio morbido e tortuoso al medesimo tempo, musica che acquista spessore ed energia ad ogni solco, ad ogni cascata. Noi seguiamo il flusso, sperando che questo mare arrivi il più tardi possibile.

Vasco Viviani (SodaPop) 12/01/2023

 

 

 

Catania è la città della lava, del barocco, del “liotru”, area che connette le pendici dell’Etna al mare offrendo paesaggi cangianti profondamente suggestivi. Tutto ciò è noto e visibile, percepibile con immediatezza a chi si ritrova ad attraversarla. Meno risaputo è che tra le sue viscere scorre un fantasma silenzioso e sotterraneo che appare solo in alcuni scorci a testimonianza di un passato ormai lontano. È il fiume Amenano che prima di essere seppellito dall’eruzione del 1669 riforniva di acqua – connettendola –   l’intera città di Catania, protagonista di una storia ricca di mistero. Identico fascino si irradia dall’immaginario corso d’acqua ipogeo che con il suo lento quanto inesorabile fluire guida il terzo itinerario plasmato da Enrico Coniglio e Matteo Uggeri a firma Open To The Sea. Originatosi a partire da due lunghe sessioni di improvvisazione, questo nuovo viaggio è frutto di un lavoro lento – protrattosi per quasi tre anni a partire dall’inverno 2019 – di stratificazione, sottrazione e manipolazione della materia sonora. Il risultato è ancora una volta un ambiente d’ascolto confortevole, indissolubilmente ipnagogico, in cui astrazione e dato materico si fondono e confondono accogliendo le istanze più disparate che vanno dall’ambient al post-rock più rarefatto, da un’elettroacustica da camera a suggestioni new wave– involontarie a detta degli autori – di matrice 4AD. Le compassate stille pianistiche e i fraseggi diluiti di chitarra disegnati da Coniglio dialogano con la tromba sognante di  Alessandro Sesana e le movenze elegiache degli archi di Andrea Serrapiglio (violoncello) e Franz Krostopovic (viola) sotto la regia attenta di Uggeri che sapientemente utilizza le modulazioni sintetiche come misurato collante tra le parti. La trama melodica che ne deriva si riversa senza cesure da una traccia all’altra trovando nello sciabordio ricorrente dell’acqua un ulteriore fil rouge capace di tenere insieme gli scenari anche quando diventano ancor più stranianti attraverso l’apporto delle irregolari linee ritmiche della batteria jazzy di Mattia Costa. Il paesaggio aurale magico, privo di soluzione di continuità, trova espansione nella scelta dei titoli creati dalle figlie di Uggeri con l’aiuto della madre Gaia, denominazioni pensate per formare un poema unico di accompagnamento ai suoni. A mancare– soprattutto rispetto al precedente  Another Year Is Over, Let’s Wait For Springtime – è la forma canzone e i contributi vocali, qui presenti soltanto come eco ambientale di voci di bambini e, nella conclusiva And Here Lies the Source Of It All che registra l’ingresso in organico di Saverio Rosi, il canto di Roberta Casini, madre del musicista milanese e autrice anche del bellissimo disegno che campeggia in copertina.
All’interno di un tracciato malinconico fatto di luci brillanti e ombre profonde tale presenza diventa un delicato omaggio vista l’improvvisa scomparsa risalente a pochi giorni prima della pubblicazione. Mi rendo conto che le tante parole fin qui spese sono state incentrate in modo esclusivo sulla specificità musicale solo in parte, ma credo si tratti di una scelta inevitabile alla luce di una narrazione ipertestuale ideata come ammaliante percorso sensoriale in cui cadere e rimanere impigliati come tante Alice nel paese delle meraviglie. Per chi ama sognare ad occhi aperti.

Peppe Trotta (Triste ISR) 16/12/2022

 

 

Lunga e articolata la storia di questo secondo album degli Open To The Sea, progetto a due di Matteo Uggeri e Enrico Coniglio, oggi diventato un trio con l’ingresso in formazione di Saverio Rosi (qui presente solo nell’ultima traccia). In sintesi: Coniglio inizia a lavorare a queste musiche nel 2019, frutto di improvvisazioni fatte con chitarra, piano e synth; manda il tutto a Uggeri che, da perfetto alchimista, smonta e rimonta, aggiungendo campionamenti e field recordings, oltre agli strumenti suonati dai suoi usuali collaboratori (tromba, violoncello, viola, batteria). Il tutto, che a quel punto si configura come un’unica fluviale composizione, viene diviso in 12 pezzi, i cui titoli vengono creati dalla figlia di 7 anni di Uggeri. A quel punto si unisce Rosi e viene scritta la tredicesima traccia, la quale contiene una ninna nanna cantata dalla madre di Uggeri, autrice anche del quadro in copertina e purtroppo scomparsa poco prima dell’uscita del disco. Facile quindi immaginarlo come un lavoro personale e sentito Tales from an Underground River, un disco in cui letteralmente l’ispirazione scorre, visto che in esso vive un coacervo di musiche che fluiscono l’una nell’altra, per un affresco davvero indefinibile e quasi inafferrabile, pertanto stupendo. Potete trovarci scampoli di new wave, jazz, elettronica, musica sperimentale e altro ancora, per un suono sempre autenticamente libero ed emozionante.

Lino Brunetti (Buscadero) Aprile 2023

 

Two years on from when I covered Open to the Sea’s Another Year Is Over, it transpires that Milan-based Matteo Uggeri and his cohorts are back with Tales from an Underground River. A lot has happened since then – and yet in many ways, not a lot has, and for some of us, it feels as if lockdown never ended. Governments and employers seem to be content to peddle the idea that with vaccines rolled out and restrictions lifted, the switch had been flicked that restores normality – so much for the endless talk of a new normal not so long ago. This is likely true of some things, primarily retail and public services, but then, many office workers have only returned on a part-time basis, if at all. For me, personal circumstances have meant not at all, which is welcome – much as I miss people, I don’t miss those people. I digress, but this context is what I bring in terms of my reception to this album, which was, recorded over the course of a couple of years, starting in the Winter of 2019 and spanning the pandemic period – a time that has drifted into near-unreality and feels almost dreamlike, unreal. And this is very much the sensation that Tales from an Underground River creates. Listening to it feels like listening to a dream. The text which accompanies the release, they’re at pains to point out, is not a press sheet, but a diary, and that makes sense, as it charts the album’s long and convoluted evolution. It certainly isn’t a sales pitch. But then, art shouldn’t be about sales pitches: creatively, the journey to the end result – if indeed it even is the end result – is far more interesting, and of significantly more value. Beginning life as two long and multi-layered sets of improvisation with piano, guitar and synths recorded by Enrico Coniglio, it was then completely reworked by a process of additions and subtractions by Matteo Uggeri, and over time, incrementally, it was picked apart and broken down into thirteen relatively short pieces, where soft, rolling piano and mournful brass merge with the sounds of thunder and rain and a host off subtle field recordings which add delicate layers to the sound. And they’re segued together in such a way as to render the album one continuous piece in a succession of movements. The mood transitions incrementally through the segments, and the titles are beautifully descriptive: I found myself forming mental images of scenes while listening, the music providing the soundtrack to a slowly unfurling movie in my mind’s eye – a movie brimming with scenes of nature, as ‘Pebbles Clink, Fluffy Echoes Make the Air Colder’ and ‘Pebbles Clink, Fluffy Echoes Make the Air Colder.’ Indeed, reading the lengthy titles in sequence conjures a semi-narrative in itself. At times ponderous, contemplative, brooding, at others with flickering sun offering hope – sometimes within the space of a single piece, as on ‘Limpid Lights Dig Words in the Rocks’, you feel yourself carried on a current through different terrains and landscapes. ‘Emotions and Thoughts Climb over Years and Years, Always the Same’ brings droning guitar textures and a rather darker hue of ambience with post-rock leanings, and Tales from an Underground River is an album where the movement and changes never cease over the course of its journey. At times eerie and unsettling, at times ominous, and at others – for wont of a better word – cheerful, it’s a magical piece of creativity that shows vision and was very much worth the three years of work.

Christopher Nosnibor (Aural Aggravation) 25/11/2022

 

Open To The Sea ist ein relativ rezentes Projekt von Enrico Coniglio aus Venedig und Matteo Uggeri aus Mailand, das mit “Tales from an Underground River” sein zweites Volllängenalbum vorlegt. Oder, eigentlich ist dies schon das vierte (soweit ich das sehe) gemeinsame Album der beiden. Schon 2017 erschien ein Duoalbum von Enrico Coniglio & Matteo Uggeri (was als Interpretenname auf dem Cover stand) namens “Open To The Sea“, und letztes Jahr veröffentlichten die beiden das limitierte Minialbum “Watering A Paper Flower” (zwei Mini-CDRs in 150 Exemplaren), diesmal als Open To The Sea.
Tales from an Underground River” ist also eigentlich das dritte Werk des Projekts, erschienen im Spätherbst 2022 beim Mailänder Label Alma De Nieto. Die CD steckt in einem bunten Hochglanz-Digipack, eine Art Dschungellandschaft mit Fluss zeigend. Darum ist noch ein Pergamentblatt gehüllt, auf dem Album- und Bandname und die Titelliste gedruckt sind. Sehr edel!
Ätherisch schweben auf “Tales from an Underground River” dicht miteinander verwobene Tonmuster dahin, Elektronisches, Field Recordings, elegisches Pianohallen, echoartiges Trompetenklagen, verhaltenes E-Gitarrenjaulen, langgezogenes Cello- oder Violastreichen und allerlei Perkussion, dezent und fragil, dabei sehr Luftig und klangvoll. Im Vergleich zum Erstling (siehe “Another Year is Over, Let’s Wait For Springtime”) erklingen kaum menschliche Stimmen, wird weder gesungen noch rezitiert. Ab und zu sind im Hintergrund aber ein paar Stimmfetzen zu hören, oder huschen Kleinkinderlaute durchs Tonbild. Eine Art von Ambientmusik ist das, sind doch auch immer wieder Umwelt- oder Naturgeräusche (z.B. Wasserplätschern) zu hören, ein verhalten wogendes und hallendes Gemenge an synthetischen Sounds und instrumentalen Tönen.
Wirklich laut oder gar wüst wird es nie, eher fließt die Musik geruhsam und zerbrechlich dahin, mal mysteriös atmend, mal erhaben schallend, mal freier tonmalend, immer aber durchaus voluminös und klangvoll. Kurze Kammermusikmomente sind ab und noch auszumachen. Selten wallt die Musik etwas lauter auf, wetteifern die Instrumente etwas kantiger miteinander, oder arbeiten sich sonor knurrende oder dröhnende Sounds nach vorne. Als eine hypnotisch-traumartig dahintreibende 13-teilige Suite stellt sich “Tales from an Underground River” dar, bei der die einzelnen Teile meist ineinander übergehen (besser: fließen), die dicht, eher zurückhaltend, dabei aber seltsam eindringlich dahin wogt.
Tales from an Underground River” ist ein eher ruhiges Album mit sparsamen, aber dicht vermengten, sehr farbigen und vielschichtig produzierten Tongespinsten, die latent leicht angeschrägt, mal melancholisch, mal geheimnisvoll, mal warm und melodisch voran gleiten. Das Ergebnis ist ein beeindruckend zeitloses Klanggemälde, das wohl am ehesten Elektronikadepten zusagen sollte, die zudem keine Abneigung geben Ambientartiges und Experimentelles haben.

12/15

Achim Breiling (BabyBlaue) 30/12/2022

 

 

Doch zuerst bringt Tales from an Underground River (DNN 035 C) noch ein Wiederhören mit Open To The Sea, die mit „Another Year Is Over“ eine der schönsten Blüten in Midiras Garten trieben. Dazwischen ist mir mit „Teredo Navalis“ als seiner Erkundung der dortigen Lagunen der venezianische Soundscaper Enrico Coniglio nochmal allein begegnet. Nun ist er wieder vereint mit seinem Mailänder Partner Matteo Uggeri, der in Sparkle In Grey, als Barnacles mit M.B. oder Nocturnal Emissions oder mit Mourning Dove auf Alma De Nieto für ‘Out Of Standard !! Italia‘ steht. Zusammen entspinnen sie, Coniglio mit Guitar, Piano, Organ, Yamaha TX7, Korg MS2000, Uggeri mit Laptop, Samples, Beats, Field Recordings, eine mit noch Drums, Trumpet, Viola und Cello getönte, symbolträchtige Szenerie: ‘Silent breath in the reddish darkness, fear‘… ‘One step from the surface sounds, drops in the invisible tickle‘… ‘Pebbles clink, fluffy echoes make the air colder‘… ‘Limpid lights dig words in the rocks‘… ‘Emotions and thoughts climb over years and years, always the same‘… ‘Tiny fishes touch the water in frozen bubbles‘… Die Titel wurden von Uggeris Töchtern und ihrer Mutter geperlt, zu einem farbenfrohen Fantasy-Painting von Roberta Casini, Uggeris Mutter, deren Tod 2022 den melancholischen Grundton nochmal vertiefte. Autos kreuzen, wir sind nicht in Fantasien, das Piano und die Trompete führen in zartbitterer Tristesse, der sich die Strings anschließen, mit schleppenden Beat durch die irdischen Gefilde, streben dabei aber sehnsüchtig einem Ziel entgegen. Oder zu einer Quelle zurück? Geleitet von glucksendem Wasser, Baby-und Kinderstimmchen, einer pulsenden Welle, durch Synthiezwielicht, dröhnende Gitarre,dröhnende Orgel hindurch, tastend und doch ostinat, elegisch und doch inständig hoffend. Mit pochendem Groove über klirrende und berstende Geräusche hinweg, mitschweifender Trompete, sehnendem Cello, brütender Orgel ‘…Towards an Emerald Lake‘.Um schließlich an- und heimzukommen mit ‘And Here Lies the Source of it All’ – verzückt eingelullt von einem Wiegenlied der Mutter.

Rigobert Dittmann (Bad Alchemy 119)

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